Leonardo Seminati

Intervista con Leonardo Seminati

Un paio d’anni fa mi ero imbattuto in un articolo che parlava di un ragazzo bergamasco di 18 anni che aveva firmato per l’organizzazione dei Cincinnati Reds. Quello che non sapevo era che Leonardo Seminati fosse mio vicino di casa. L’occasione per conoscerlo mi è capitata qualche settimana prima della sua partenza per la seconda stagione nelle Minor League. Davanti ad un caffè, una chiacchiera che non doveva durare più di 30 minuti si è trasformata in una piacevole conversazione di oltre un’ora e mezza in cui Leo mi ha parlato di baseball, della sua vita tra Stati Uniti e Italia e delle aspettative (e dei timori) che aveva relativamente alla sua seconda stagione da professionista. A qualche mese di distanza l’ho ricontattato per fami (e farvi) raccontare come sta procedendo la stagione sua e dei Billings Mustang, rookie advanced dei Reds che fa parte della Piooner League

Partiamo piano, non ti voglio mettere pressione… Uno scout ha detto che hai la potenza di Aaron Judge ma devi completare il tuo gioco per ambire a salire di livello. Quali sono i punti su cui hai lavorato maggiormente in off season?

Come sicuramente saprai nel periodo di off season, che dura circa quattro mesi, ritorno a Bergamo. Tra ottobre e febbraio ho scelto di lavorare molto sulla parte atletica posticipando il lavoro sul campo agli spring training dove strutture e tecnici favoriscono il perfezionamento della tecnica. Con Andrea Oliverio, il mio preparatore atletico, e lo staff di Atletica Bergamo 59, ho fatto qualche mese di lavoro intenso sulla potenza, la velocità e gli scatti e direi che i risultati a inizio stagione si sono visti: correre veloce sulle basi vale tanto quanto una buona battuta. Durante gli spring training invece ho lavorato molto sulla lettura dei lanci. In Italia si giocano poche partite e non sono sufficienti per allenare l’occhio.

Questa è la tua seconda stagione negli USA: Dopo un primo anno d’ambientamento questa volta hai potuto fare tutto lo spring training con la squadra, è questo uno dei motivi del tuo ottimo inizio?

Sicuramente il lavoro che facciamo al Goodyear ballpark in primavera è fondamentale per rimettersi in pista dopo l’off season ed affrontare la stagione. Dopo il riposo invernale devi riabituare il fisico ad affrontare lo stress: essere in partita tutti i giorni, alte temperature, trasferte. Quello è anche il momento per limare le azioni che non sono perfette, affinare il giro di mazza o le prese a terra. La stagione sarà lunga e faticosa, più lavori bene durante gli spring training e più sarai preparato ad affrontarla.

Davanti ad un caffè, quest’inverno, mi hai raccontato del tuo amore/odio per uno sport che ti obbliga, ogni giorno, a confrontarti con il tuo essere “diversamente paziente”. Dopo 22 partite stai battendo .344 e guidi la squadra in RUN, RBI e HR (ed in una partita tirata ti hanno concesso una base intenzionale da 8° del line-up): hai trovato la “pace interiore” J ?

No, direi di no! È un aspetto importante su cui devo continuare a lavorare. Forse l’impeto è tipico dell’età, o forse devo smetterla di farmi ingolosire dalla prima palla e dalla voglia di buttarla fuori. Di media battuta parliamo a fine stagione. È molto difficile tenere questi numeri sul lungo periodo, quando la stanchezza si fa sentire e i lanciatori avversari hanno affilato le unghie.

Hai iniziato la stagione al penultimo posto nell’ordine di battuta, giocando prima base. Nelle ultime partite sei salito al numero 6 e stai provando a giocare 3B. Quanto cambiano quei due spot guadagnati nel tuo approccio al piatto e come si sta nell’hot corner?

Non cambia nulla! Stesso approccio, stessa grinta. Certo, io non potrò mai essere primo o secondo in battuta, sono un battitore di potenza, ma in ogni caso non è importante in che posizione sei nell’ordine di battuta, l’importante è battere quella palla e portare a casa punti. Per il resto, parla il campo.

Pensi che lo spostamento in 3a possa aiutarti nella tua scalata verso le Major o era una necessità della squadra?

Io, nella squadra, sono un utility, posso assumere più posizioni di difesa, quindi vengo posizionato secondo le necessità: prima, terza, esterno. Non sarà certo la mia abilità nella difesa che mi renderà più o meno rapida la scalata; la differenza credo la farà sempre l’efficacia in battuta.

L’anno scorso avevi iniziato la stagione in Arizona per poi chiuderla con i Billings nella Pioneer League. Quest’anno sei ripartito dal Montana, ci sono possibilità di un ulteriore salto visto il rendimento che stai avendo?

Non ti nascondo che mi piacerebbe molto provare qualche turno in Singolo A, ma onestamente non credo che ce ne sarà la possibilità; il roster della serie è già completo e non auguro a nessuno di farsi male per sostituirlo. Cercherò di lavorare bene nella mia squadra e di difendere il mio posto in campo… magari il prossimo anno ci sarà spazio anche per me.

Spaccato della provincia americana: Che posto è Billings? Ci racconti l’atmosfera che c’è intorno alla squadra, che aria si respira e l’entusiasmo che c’è per i Mustangs?

Billings è una cittadina del Montana, piacevole e accogliente. Noi giocatori siamo ospitati dalle famiglie del posto e questo ci da l’occasione di vivere uno spaccato di quotidiana vita americana. Sono stato accolto molto bene dalla famiglia Anderson, proprietaria della catena Buffalo Wild Wings: mi hanno aperto la loro casa e mi hanno accolto come se mi conoscessero da sempre; ho un’auto a disposizione per gli spostamenti, abbiamo condiviso le caratteristiche delle reciproche culture, gli ho anche preparato loro qualche piatto italiano. Quando ho avuto bisogno sono sempre stati disponibili; non potevo chiedere di meglio, davvero! Le partite di baseball sono molto partecipate, i tifosi ci sostengono e, siccome sanno che abbiamo le famiglie lontane, ci fanno foto e video da mandare a casa. La cosa più emozionante sono i bimbi che vengono a chiederti gli autografi! Anche il clima all’interno della squadra è molto buono. Molti di noi sono giovani (lo zoccolo duro della squadra è stato promosso in categorie superiori) che stanno facendo esperienza e il manager cerca di far giocare tutti. Non si punta alla vittoria ma alla crescita del vivaio.

Parliamo anche della squadra. Dopo un pessimo inizio, con tante sconfitte di misura, avete trovato il vostro ritmo e nelle ultime 10 siete 5-5. Cosa è cambiato?

Il risultato delle partite dipende da tantissimi fattori: innanzitutto dall’abilità della squadra avversaria, poi dal livello di stanchezza. Spesso dopo ore di viaggio di notte, il giorno dopo siamo in campo; se si è riusciti a recuperare la stanchezza bene, se no la partita va come va. Dipende anche dall’umore della giornata, dalla motivazione, dalle condizioni del campo… e anche dalla buona sorte.

Pensi ci siano ancora chance di post season?

Visto come siamo messi, la vedo dura. In ogni caso, anche nella stagione scorsa la partenza non è stata ottimale, comunque mai mollare perché, come insegna il baseball, non è finita fino all’ultimo inning.

Mi racconti la situazione più assurda vissuta in questo anno e mezzo oltre oceano?

Lo scorso anno in Arizona: eravamo in partita e in pochissimi secondi siamo stati investiti da una tempesta di sabbia, un’esperienza incredibile, inattesa, inquietante; credimi non si vedeva da casa base al dugout e nel fuggi fuggi generale non si trovava più l’arbitro. Pazzesco, sembrava di essere in un film apocalittico

Finiamo parlando di cose “da italiani”: una volta mi hai raccontato della tua lotta infinita col cibo. Hai trovato una soluzione o siamo ai pacchi di pasta da casa? E da questo punto di vista meglio Arizona o Montana?

Magari arrivassero pacchi da casa! Non fraintendermi, non è che manchi il cibo o che sia cattivo, è solo che i sapori sono molto elaborati e io sono un salutista; cerco di mangiare cibi sani, con pochi grassi e buona energia disponibile mentre la cucina americana è molto saporita, ricca di salse di ogni genere, ma povera di verdura. Qualche scorta da casa me l’ero portata ma col passare dei mesi è andata in esaurimento; sogno spesso una bella piadina con crudo e rucola.

Il giorno dopo aver mandato le domande a Leonardo, che ringrazio per la disponibilità, i Mustangs hanno vinto con i Rocky Mountain Vibes (team affiliato ai Milwaukee Brewers) proprio grazie a due fuoricampo di “Grande Leo” in una partita chiusa con un 3-5 al piatto, un doppio, due fuoricampo e 4 punti battuti a casa.

Che quel sogno di giocare già entro la fine della stagione in singolo A si stia avvicinando sempre di più?

Non lo so Leo ma tu, per non sbagliare, continua a spedire palline nella stratosfera!