“La terra più bella che gli occhi umani abbiano mai visto”.
La storia narra che fu Cristoforo Colombo a pronunciare quelle parole quando nell’ottobre del 1492 sbarcò sulle coste di Cuba. L’isola del giovane Orlando, cresciuto nella terra del baseball imparando a praticare lo sport che più amava.
Orlando era abbagliato da quello sport che aveva portato il padre Arnaldo a vestire la divisa della nazionale cubana di baseball. Orgoglio e onore da quelle parti.
Arnaldo era un abilissimo lanciatore ed il suo talento gli aveva permesso di diventare El Duque. Si racconta che quel soprannome derivi da Duke Snider, Hall of Famer che giocò per i Brooklyn Dodgers nel ruolo di outfielder. Quel nickname gli calzava a pennello, non solo per il suo talento, ma anche per il senso dello stile che Arnaldo esprimeva attraverso i suoi movimenti, inconfondibile.
Tempi duri nell’isola e più precisamente nella città di La Habana. Capitale abitata da 2 milioni di cittadini dove la povertà si tocca con mano. Orlando Hernandez è cresciuto in una casa molto piccola con i parenti più stretti, stretti nel vero senso della parola perchè nelle due stanze vivevano lui e il fratello, i genitori e i nonni. Fino all’età di 16 anni, Orlando ha dormito sul pavimento di casa, il letto non era un’opzione.
Faticando a sfamare tutte quelle bocche, la famiglia Hernandez non aveva certamente la possibilità di comprare giocattoli ai più piccoli, i quali si arrangiavano con quello che trovavano per strada. Oggetti dalla forma piatta, di ogni genere, venivano posizionati nelle vaste aree libere in modo da ricreare le basi del diamante; un bastone o un manico di scopa per battere lo si trovava sempre. Come sempre, aspettando, qualche bambino con una palla si sarebbe presentato al “campo” per giocare. La povertà, già. Non un limite per il nobile gioco del baseball.
La madre di Orlando, la signora Maria Julia Pedroso, ricorda che di tanto in tanto gli altri ragazzini del barrio non ci volevano giocare con Orlando perché era troppo bravo e preciso a lanciare… Era chiaro, il talento di quel bambino lo avrebbe reso famoso.
Molta gente di Cuba ha l’abitudine di guardare le partite di baseball del campionato nazionale dai tetti delle case. Anche Orlando, da piccolo, era tra questi. Il sogno di vestire una casacca di un equipo era costante. Non ci volle molto prima di vedere Orlando solcare il monte di lancio indossando la divisa di una di quelle squadre: gli Industriales de La Habana.
Orlando Hernandez, un dipinto in movimento. Il pitcher caricava il lancio con velocità, alzando la gamba sinistra fino a quando il ginocchio non era vicino all’orecchio sinistro. Nell’esecuzione di quel movimento, portava le mani in basso verso la gamba destra. La parte superiore del corpo sembrava incurvarsi creando una forma sferica, mentre la parte inferiore era ferma e perfettamente bilanciata. Poi, quando il corpo trovava il massimo punto di carico, Orlando liberava il colpo sfoderando una frustata di fuoco. Tutti lo imitavano…
Col tempo, Orlando Hernandez avrebbe trovato sei differenti modi di lanciare. Immaginate che Orlando fosse posizionato davanti ad un grosso orologio. Il suo corpo riusciva a trovare l’equilibrio seguendo il movimento delle lancette: ore 11:00, 10:30, 10:00, 9:30, 9:00, 8:30!
Uno stile unico e inusuale, che non consentiva ai battitori di colpirlo. Inoltre, la movenza sul lancio, nascondeva lo sguardo e la palla al battitore che, a quel punto, non aveva idea di quale angolatura avrebbe preso la traiettoria.
“Ponchalo Orlando! Ponchalo!”
Non solo il lancio era infuocato. Anche i tifosi sugli spalti erano in fiamme quando Orlando saliva sul monte, e ad ogni battitore che gli si presentava sul piatto gli appassionati urlavano invocando uno strike!
Tutti parlavano del figlio di Arnaldo. Si diceva che fosse diventato persino più talentuoso del padre. I tempi erano ormai maturi, l’erede al titolo era pronto. Così, il soprannome de “Il Duca” passò di padre in figlio. Cuba aveva di nuovo il suo Duca, EL DUQUE ORLANDO HERNANDEZ, che negli anni a venire sarebbe diventato The Duke of New York.
@AlexCavatton sport addicted dal 1986
Amministratore di Chicago Bears Italia
Penna di Huddle Magazine dal 2018
Fondatore di 108 baseball su Cutting Edge Radio
Autore dei progetti editoriali:
"Chicago Sunday - 100 anni di Bears"
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