La gestione Alex Cora 2.0

Dieci mesi dopo il suo esonero dal ruolo di manager dei Red Sox, Alex Cora ritorna sulla panchina di Boston. Il president of baseball operation Chaim Bloom, dopo aver allontanato il manager portoricano successivamente allo scandalo dei segnali rubati ed alla seguente sospensione della durata di un anno, ha deciso che Alex Cora potesse essere la persona giusta a guidare la formazione del Massachussets per la stagione 2021.

L’esperimento Ron Roenicke, ex bench coach di Cora, non è andato molto bene, più volte accusato di essere troppo legato ai numeri e poco aperto con i giocatori. Di fatto, i Red Sox arrivano dalla loro stagione peggiore nell’ultimo decennio, in un 2020 dove Boston non ha superato le 90 sconfitte per il semplice motivo che la stagione è durata solamente 60 partite.

Alex Cora batte la concorrenza di una decina di altri candidati, giustamente intervistati dalla dirigenza, la quale, però, è arrivata alla conclusione che il nativo di Caguas, Porto Rico, fosse la persona giusta per guidare questa squadra dalla stagione 2021 in poi.

Il neo-manager è stato assunto principalmente per la sua abilità di comunicatore, capace di tenere coeso il gruppo e in grado di fare le scelte giuste durante le partite. L’unione di una clubhouse è la prima responsabilità di un manager di Major League Baseball, senza di essa non si va da nessuna parte. Ma riuscirà Cora in questa impresa, visto e considerato il cambiamento che la pandemia da CoViD19 ha portato in questo 2020?

Per prima cosa, la clubhouse non è più quella che Cora lasciò nel 2019. Per il momento infatti, il protocollo sanitario della MLB prevede che i giocatori siano separati in diverse stanze e che non entrino in contatto l’uno con l’altro al di fuori del terreno di gioco. Uno dei segreti che vennero accostati al successo di Cora nel biennio 2018-2019, fu proprio il permesso dato dal manager ai giocatori di presentarsi nell’ufficio dello skipper per qualsiasi tipo di problema, dubbio o considerazione. La comunicazione era tutto in quella squadra e questo potrebbe essere il primo ostacolo sul cammino di Alex. Da qui all’inizio della stagione potrebbero succedere tantissime cose (dal punto di vista della situazione mondiale in primis), però sono fattori che vanno tenuti in considerazione.

Veniamo invece all’aspetto tattico vero e proprio. Alex Cora, quando guidò per l’ultima volta i Red Sox il 29 settembre 2019, aveva un roster completamente diverso. Sono infatti solo 17 i giocatori facenti parte del 40-man roster attuale che indossarono la casacca rossa di Boston anche in quella sera di settembre. Il personale è cambiato sia in campo che in panchina, dove Ron Roenicke, appunto, era il suo vice e Dana LaVangie allenatore dei lanciatori. Ora non ci sono nè l’uno nè l’altro, con il ruolo di pitching coach che venne assegnato a Dave Bush dallo stesso Cora prima di venire esonerato, mentre il ruolo di bench coach è affidato a Jerry Narron.

Una chimica da costruire, quindi, sia con gli assistenti che con i giocatori che sono cambiati in questi ultimi 10 mesi, così come gli obbiettivi della società. Boston è infatti in una fase dove vincere ora non è una priorità, bensì adesso è il momento di costruire le basi di una squadra che possa dominare per il prossimo decennio, partendo dalla rifondazione di un farm system prosciugato dalle operazioni di Dave Dombrowski.

Alex Cora e Mookie Betts dopo una vittoria contro gli Angels nel 2018

LA ROTAZIONE

L’ultima volta che Alex Cora guidò i Red Sox, la rotazione ebbe tutt’altro aspetto. Chris Sale era l’asso della squadra seguito da David Price, Rick Porcello (uno dei pezzi fondamentali del titolo nel 2018), Eduardo Rodriguez e Nathan Eovaldi. Oggi, invece, l’unico pronto per l’inizio della stagione è Eovaldi, il quale è stato anche il pezzo pregiato della rotazione nel 2020 (assieme alle ottime prestazioni di Martin Perez, il quale si è visto declinare la team option presente nel suo contratto). Con Chris Sale in uscita dalla tommy john surgery ed Eduardo Rodriguez con problemi di mericardite aggravati dalla positività al coronavirus, il buco nella rotazione di Boston è enorme. Chaim Bloom provò a dare una risposta all’arcano poco prima della trade deadline, quando cedette Heath Hembree e Brandon Workman ai Phillies in cambio di Nick Pivetta e Connor Seabold. Se il secondo verrà parcheggiato nelle Minors (o campo alternativo che sia), Pivetta è arrivato a Boston per diventare un partente. Fino a questo momento la sua carriera in MLB non è stata brillante, però l’upside è parecchio e la situazione in cui si trovava a Philadelphia non era delle migliori. Assieme a lui, il giovane Tanner Houck, autore di tre partenze esaltanti nel finale di stagione ma con mille dubbi soliti aleggiare attorno ad un rookie. Nonostante lo 0.53 di ERA, i suoi lanci sono nella media (fastball sulle 90-92 miglia orarie, slider, sinker e splitter) e la sensazione è che le cose possano cambiare non appena i battitori inizieranno a prenderne le misure.

Alcune risposte per il coaching staff di Boston potrebbero arrivare dal sistema, dove i nomi di Jay Groome, Bryan Mata e Noah Song, rappresenterebbero una possibile soluzione da inserire nel mix dei partenti, man mano che la stagione prenderà il largo. Se le paure riguardo la salute di Jay Groome (22 anni, già sottoposto a chirurgia al legamento collaterale del braccio destro) sono parecchie, le quotazioni per vedere degli inning in mano a Bryan Mata nel 2020 sono ampie. Il lanciatore originario del Venezuela, ha mostrato di avere una ottima two-seam fastball (compresa tra le 92-98 miglia orarie con un buon movimento) lancio rivelatosi funzionale nella produzione di ground balls. Oltre alla veloce, anche una slider interessantissima fissa sulla 85-87 m/h ed una curva ancora in fase di rodaggio.

Bryan Mata lavora un inning nel campo alternativo dei Red Sox ed arriva a 98 miglia orarie con la sua fastball.

L’aggiunta di uno o due partenti dalla Free Agency sarà necessario, almeno per l’inizio di stagione, ed il compito sarà limitare il numero di fuori campo subiti, là dove nel 2020 i Red Sox ne hanno concessi 98, primi in questa speciale classifica.

IL LINEUP

Anche qui, il lavoro per Alex Cora sarà parecchio. Non solamente perchè il lineup si ritrova senza un MVP come Mookie Betts, ma anche per il fatto che i giocatori che dovevano rimpiazzare le prestazione dell’attuale esterno dei Los Angeles Dodgers hanno miseramente fallito nell’impresa.

Nonostante sprazi di ottimo baseball, Rafael Devers ha visto un calo delle prestazioni nel 2020 rispetto a quello che fece vedere l’annata precedente. Se la potenza nelle braccia è ancora lì, la disciplina al piatto è peggiorata parecchio. La sua percentuale di strikeout nel 2020 è stata di 27, 10 punti percentuale in più rispetto al 2019, così come i giri di mazza a vuoto sono saliti dal 24% nel 2019 al 31% nel 2020. La difesa è un altro punto debole di Devers. Con 14 errori commessi, si classifica primo in tutta la MLB. La concentrazione qui, gioca un ruolo importantissimo e sarà compito del manager far tornare il ventitreenne sulla retta via.

La campagna del 2019 fin’ora è stata la migliore per Rafael Devers con la maglia dei Red Sox.

Un altro elemento della formazione che ha bisogno della “cura” Cora è Andrew Benintendi, giocatore su cui la società ha puntato tantissimo e adesso ha bisogno di risposte. Benintendi è stato uno dei pilastri della corsa al titolo nel 2018 con il ruolo da leadoff hitter, dove riusciva spesso ad arrivare in base e sfruttare una delle sua qualità migliori ovvero la corsa sulle basi. Nel 2019 si sono visti i primi segnali di declino, esplosi poi nella stagione appena passata, dove un impaziente Roenicke lo ha spostato da primo ad ottavo nell’ordine del lineup, prima di perderlo per un infortunio alle costole.

J.D. Martinez sarà l’elemento chiave dell’attacco e dovrà dimostrare di valere i 40M che Boston verserà nel suo conto in banca per le prossime due stagioni. Dopo essere stato anch’egli un eroe del titolo nel 2018, le sue percentuali in attacco si sono abbassate brutalmente nel corso delle due stagioni con il punto più basso arrivato nel 2020, dove J.D. ha battuto un anemico .213 con una OBP di .291 e una OPS di .680.

Alex Cora potrà fare conto sulla produzione offensiva e difensiva di Xander Bogaerts. L’interbase è stata l’unica nota positiva dell’attacco dei Boston Red Sox nella stagione passata. Nonostante uno spogliatoio che si sgretolava settimana dopo settimana, Xander è rimasto l’ultimo baluardo della compagine ed è stato colui che ha sofferto di più per l’annata fallimentare dei suoi Red Sox.

Questi sono i giocatori principali su cui deve lavorare Alex Cora, che però può contare anche su Christian Vazquez (ottima produzione offensiva e difensiva per lui), su Kevin Plawecki (uno dei colpi più silenziosi ma efficaci della gestione Bloom fino a questo momento) ed infine sul nuovo esterno destro, Alex Verdugo, che molto bene ha fatto nella sua prima annata a Fenway Park.

IL BULLPEN

Qui arriva il vero tallone d’achille del roster di Boston. Qauttordicesimo in American League per ERA, i rilievi dei Red Sox quest’anno hanno fatto una campagna completamente da dimenticare. Mentre nel 2019 Alex Cora, orfano di Craig Kimbrel, optò per scegliere il suo closer in base all’avversario che si trovava di fronte, Roenicke ha deciso la scorsa stagione di nominare prima Workman, poi Barnes come lanciatori responsabili dell’ultimo inning. Se il primo ha fatto abbastanza bene, prima di essere scambiato in direzione Philadelphia, il secondo non ha dato l’impressione di essere una sicurezza.

Matt Barnes con 9 salvezze si classifica decimo tra i migliori closer dell’ American League, là dove però è anche primo per blown saves con un totale di 4. In generale il problema di Barnes sta nel controllo; solamente il 46,6% dei suoi lanci sono finiti in zona di strike e i battitori avversari l’hanno capito, girando il suo primo lancio solamente il 26,5% delle volte.

In questo mare di punti di domanda qual’è il bullpen di Boston, un nome spicca in positivo ed è quello di Darwinzon Hernandez che con la sua fastball e la sua curva, entrambi i lanci con un ottimo movimento, ha fatto vedere buone prestazioni verso il finale di stagione.

L’arsenale mostrato da Hernandez nella sua prima campagna nelle Majors.

Alex Cora non può fare più di tanto con quello che si trova in casa in questo momento ed un intervento in questo senso da parte della dirigenza se lo aspettano un po’ tutti dalle parti di Boston. Tramite trade o dal mercato dei free agents, dovranno per forza arrivare dei ritocchi nel bullpen anche per togliere pressione dalla spalle di Matt Barnes che, si è visto, non essere in grado di reggere. Cleveland ha rilasciato il proprio closer, Brad Hand, dando la possibilità a qualcun’altro di firmarlo. Lui sarebbe un fit perfetto per gli ultimi inning dei Red Sox ed il suo palmarès è tra i migliori della lega (16 salvezze su 16 tentativi nel 2020), però bisogna vedere se Bloom vorrà fare questo tipo di investimento adesso.

IL FRONT OFFICE

L’ultima parte con cui deve fare i conti Alex Cora è la nuova dirigenza a capo dei movimenti societari. In questo ambito il manager ci può fare ben poco, nel senso che può dare i suoi consigli a Bloom ma alla fine le operazioni di mercato e la gestione dei soldi ce le ha in mano lui.

Cora arriva da due anni alla guida dei Red Sox dove Dave Dombrowski si è divertito a muovere le carte a destra e a sininstra in pieno stile Nasser Al-Khelaïfi, per offrire al manager la migliore squadra possibile per vincere un titolo, senza troppo badare a spese. Chaim Bloom è un’altra storia.

Abbiamo già citato qualche riga fa, come il responsabile delle operazioni di mercato stia importando a Boston una mentalità meno spendacciona e con un imprint più statistico, degno della scuola dei Tampa Bay Rays da cui proviene. Il mercato dei due team è diverso, vero, ma con la costruzione a partire dalle fondamenta è necessaria per arrivare in un futuro a fare anche grandi colpi (vedi l’esempio dei New York Yankees e lo strepitoso lavoro che sta facendo Cashman).

Chaim Bloom è colui che lavora nell’ombra, in grado di mandare Sandy Leon agli Indians in cambio di un giovane rilievo e successivamente firmare colui che Cleveland rilascia (Kevin Plawecki, autore di una stagione da .857 di OPS e una 0.5 WAR secondo Baseball-Reference). Le mosse di Chaim Bloom possono far discutere ma alla fine quasi sempre pagano ed è questo che Alex Cora dovrà capire nella sua nuova gestione ai Red Sox.

Fonte vicine a The Athletic hanno dichiarato che l’incontro decisivo tra i due è arrivato la scorsa settimana, dove Cora si è detto dispiaciuto e pentito di quello che successe nel 2017 con gli Astros e di aver imparato la lezione. Dopo una mozione di fiducia in lui e nelle sue capacità, Bloom ha deciso di assumerlo alla guida dei Red Sox e questa potrebbe essere una delle mosse migliori della sua gestione.

Twitter: @bappeo
Nato e cresciuto nella provincia di Milano, attualmente vive a Berlino in Germania. Appassionato fin da piccolo di sport di ogni genere.
Nella stagione 2004 inizia a seguire attivamente le Major League di Baseball. Coincidenza vuole che quell' anno i Boston Red Sox spezzarono un digiuno dalla vittoria durato 86 anni, diventando così la sua squadra del cuore.

Autore della parte sui "miracle Mets" del 1969 nel progetto editoriale "Winners Out - Sport e gloria della New York anni 70" a cura di Alex Cavatton.