Recap delle Wild Card Series

Sono stati giorni intensi quelli che hanno visto le diverse formazioni scendere in campo da martedì 29 settembre per il primo turno di questa Postseason 2020. Per la prima volta nella storia della MLB (chissà, forse anche l’ultima) abbiamo visto otto partite di Playoff in una giornata.

Gli spunti sono stati parecchi e cercheremo di analizzarli in vista del prossimo turno, le Division Series, in programma per lunedì 4 ottobre.

Le serie al meglio delle tre partite erano un’incognita per tutti manager, i quali per la prima volta si sono trovati ad affrontare una situazione del genere.

Le sfide si sono giocate tutte nel ballpark della squadra dal seeding più alto, ma in alcuni risultati si è visto che questo fattore ha giocato poco sul risultato finale.

La serie che ha dato il via al turno di Wild Card è stata quella che ha visto affrontarsi i Minnesota Twins contro gli Houston Astros. Minnesota ci è arrivata con la testa di serie numero tre, dopo aver superato i rivali dei White Sox nelle ultime gare di Regular Season ed essersi aggiudicati l’ottavo titolo divisionale della loro storia. Dall’altra parte degli Astros dai mille punti interrogativi, arrivati sì secondi in Division, ma con un record (29-31) appena sotto il .500.

In gara uno della serie, i partenti non potevano che essere i due assi delle squadre: Kenta Maeda (autore di una stagione regolare incredibile) e Zack Greinke, ultimo vero baluardo della rotazione di Dusty Baker. La partita si gioca sul filo del rasoio ed entrambe le squadre riescono ad ottenere delle prestazioni difensive buone dai rispettivi partenti.

Minnesota è la prima a passare in vantaggio quando, con due out ed un uomo in base, Nelson Cruz colpisce un doppio in campo opposto e permette al berlinese Max Kepler di segnare la prima corsa di questa Postseason. Maeda nel frattempo, nonostante conceda qualcosa all’attacco (2 valide e 3 basi su ball subite), continua la sua marcia verso il nono inning senza subire punti ed aggiungendo 5 strikeout al suo tabellino. La novità di questi Playoff e delle innumerevoli partite che si giocheranno, potrebbe aver giocato un ruolo importante nella testa dei due manager, i quali sostituiscono entrambi i partenti con un pitch count relativamente basso (79 per Greinke, 91 per Maeda). Si va con il bullpen e se gli Astros scelgono di andare con Framber Valdez, uno starter a tutti gli effetti, i Twins optano per i loro migliori rilievi.

Arriva il settimo inning e l’aria inizia a farsi pesante in quel di Minneapolis; già, perchè i Twins entrano nella Postseason 2020 con 16 sconfitte nelle ultime 16 gare di Playoff disputate. Questi fantasmi si fanno sentire sulle spalle di Tyler Duffey, il quale concede il punto del pareggio su una valida da RBI di George Springer. Gli Astros, a differenza di Minnesota, ne hanno vinte parecchie di gare di Postseason negli ultimi anni e questa esperienza è uscita negli ultimi inning. Sergio Romo sul monte di lancio concede parecchio, ma Jorge Polanco commette un errore, con due eliminati e due uomini in base, che si sognerà per tutto l’inverno. Quella che doveva essere una facile assistenza, finisce per essere una no-play che carica le basi e regala a Houston Gara 1.

Gara due è la sfida tra Urquidy e Josè Berrios. Sulla carta Minnesota dovrebbe avere la meglio, ma siamo ai Playoff e la carta lascia il tempo che trova. Gli Astros scendono in campo più determinati dei Twins, i quali si trovano con le spalle al muro. I primi a colpire sono proprio i texani che nel quarto inning, su una valida di Kyle Tucker, mandano Michael Brentley a casa base per l’1-0. La risposta dei Twins arriva una ripresa più tardi: ancora Nelson Cruz, ancora in una 50/50 play, dove Correa per poco non elimina Arraez a casa base. Nel settimo inning, sempre l’interbase è il protagonista, questa volta in attacco con un fuori campo su Stashak che lancia Houston a giocarsi l’American League Division Series al Dodgers Stadium (pensate un po’ che beffa).

Chi affronterà Houston nella parte bassa del tabellone saranno i rivali divisionali, gli Oakland Athletic’s, che hanno eliminato i Chicago White Sox nell’unica sfida in American League arrivata a gara tre. Nella prima sfida Bob Melvin -manager degli Athletic’s- fa una scelta curiosa, optando di schierare il rookie mancino Jesus Luzardo. Non fraintendete, Luzardo è un talento ed avrà un futuro roseo in MLB. Eppure questa mossa si è rivelata fatale, perchè se c’è una formazione che ha dimostrato di essere letale contro i lanciatori mancini, questi sono i Chicago White Sox (14-0 in stagione regolare contro LHP). Risultato? Chicago avanti 3-0 al terzo inning dopo due fuori campo di Engel e Josè Abreu. Luzardo invece sostituito dopo soli 59 lanci. Dall’altra parte Giolito è in serata di grazia e si porta un perfect game al settimo inning, interrotto solamente dalla valida di Tommy LaStella. Per Giolito 7 IP 1 ER 2 H 1 BB 8 K e per i White Sox una vittoria in gara uno.

In gara due si invertono le parti. Chicago schiera un mancino in Dallas Keuchel mentre Oakland corre ai ripari con un destrorso: Chris Bassitt. Indovinate un po’ chi è la seconda squadra più vincente contro i mancini in Regular Season? Oakland ha un record di 11-3 in questa speciale classifica. Infatti la gara inizia con lo stesso copione ma le parti, appunto, si invertono: Keuchel subisce cinque punti e viene sostituito dopo 3.1 inning lanciati mentre Bassit marcia sul lineup di Chicago producendo una statline di 7 IP 6 H 1 ER 1 BB 5 K. Sembra tutto facile per gli Athletic’s che all’uscita del loro partente si trovano in vantaggio per 5-1 grazie alle RBI di Semien e Khris Davis. La palla, a quel punto, passa al bullpen (e che bullpen!). I rilievi degli Athletic’s hanno concluso la Regular Season: primi per ERA, secondi per salvezze, secondi per WHIP, secondi per strikeout totali. Nonostante ciò, nella parte alta del nono inning, Abreu si trova nel box di battuta e, malgrado i due out, le basi sono piene. Jake Diekman sale sul monte per chiudere l’incontro e non delude le aspettative, facendo colpire allo slugger il suo primo lancio, una comoda groundball che chiude l’incontro.

Tra mille dubbi, in gara tre lancia un destrorso per gli Athletic’s, i quali affidano le proprie sorti a Mike Fiers all’esordio in una gara di Playoff. I White Sox rispondono con il rookie Dunning con l’intenzione di non farlo lanciare più di due riprese.

Il piano fallisce immediatamente quando il partente si mette in situazione di pericolo già al primo inning, costringendo Rick Renteria a chiamare subito il bullpen. Malgrado la partenza altalenante dei lanciatori bianco-neri, nell’inning successivo sono proprio i White Sox a passare in vantaggio con una bomba da 487 piedi di Luis Robert.

Ancora White Sox on the board nel terzo con lo stesso Robert e Nomar Mazara autori di due doppi da un RBI ciascuno. Da questo momento in poi però le cose cambiano e Oakland inizia a giocare, con la complicità del bullpen di Chicago. Il rookie catcher Sean Murphy è il primo ad accorciare le distanze con un fuori campo da due punti. Successivamente Mark Canha, Matt Olson e Chad Pinder la chiudono per gli Athletic’s che riescono dopo anni a vincere una partita da dentro o fuori in Postseason.

Nulla da fare per i Toronto Blue Jays di Charlie Montoyo che sono entrati eroicamente con l’ottavo posto alla Postseason ma si sono trovati di fronte una squadra, i Tampa Bay Rays, attrezzata per arrivare fino alla World Series. Montoyo sorprende tutti inserendo Shoemaker come partente in gara uno, forse con l’idea di confondere Kevin Cash cercando di cambiare tra lanciatori destrorsi e mancini, lasciando un giorno di riposo in più per l’asso, Hyun Jin Ryu, in programma di lanciare in gara due. I piani di Montoyo, però, sono andati in fumo e la risposta al quesito è semplice: Tampa Bay ha un roster troppo profondo. Chiunque vada in battuta per la squadra di Kevin Cash può essere un pericolo per gli avversari e chiunque vada sul monte sembra immposibile da colpire. Lo è stato Blake Snell in gara uno che conclude la sua prestazione a 5.2 IP 1 H 0 ER 2 BB 9 K. Lo è stato in un certo senso anche Tyler Glasnow in gara due con 6 H 2 ER 1 BB e 8 K in 6 inning lanciati. Quest’ultimo, pur non essendo brillantissimo (si fa per dire), ha trovato di fronte un irriconoscibile Ryu che ha subito parecchio ed ha condannato la sua squadra a tornare, questa volta si, a Toronto.

L’attacco di Tampa Bay fa certamente paura, ma quello dei New York Yankees è quello che meglio ha risposto alle critiche ed ai dubbi in questo primo turno di Playoff. Ventidue punti segnati in due partite sono tantini, specialmente se arrivati contro il pitching staff, numeri alla mano, più forte dell’American League. Shane Bieber, colui che vincerà l’AL CY Young Award, ha vinto la Triple Crown dei lanciatori ed è stato definito da tutti il miglior partente della lega, è andato in ginocchio sotto i colpi dei Bronx Bombers. Bieber ha concesso in 4.2 inning agli Yankees lo stesso numero di punti che ha concesso in tutto il mese di agosto (7)! Una fastball che non funzionava e un’aggressività al piatto da parte dei newyorchesi ha portato gli Yankees in vantaggio per 7-2 al quinto inning. Poi, dall’altra parte, Gerrit Cole è tornato ad essere quello che tutti conosciamo: una macchina da out (conclude con 13 strikeout il californiano, un record per un lanciatore in maglia pinstripe all’esordio in Postseason). La differenza nel linguaggio del corpo nei due si è vista fin dal primo lancio. Da un lato un pitcher esperto, alla sua ennesima presenza in una partita di Playoff. Lo sguardo fisso all’obbiettivo e la sensazione che possa concedere davvero poco. Dall’altro invece un giovane alla sua primissima apparizione in Postseason, il peso di una squadra sulle spalle e l’inesperienza di chi lì non ci è mai stato. Poco male per Bieber, è un talento ed avrà altre occasioni per dimostrarlo, senza alcun dubbio. Purtroppo però, gli Indians perdono 12-3 e si trovano costretti a vincere gara due contro Tanaka.

Questa sfida è senza dubbio una delle più belle di questo primo turno, almeno dal punto di vista degli attacchi. Con due interruzioni dovute al maltempo, sul monte si sfidano Tanaka e Carlos Carrasco. Cleveland si porta in vantaggio immediatamente al primo inning.

Al quinto inning però, dopo un homer di Giancarlo Stanton (uno dei segnali maggiormente incoraggianti per Aaron Boone da questo primo turno di Playoff), arriva un grande slam di Gio Urshela che riporta gli Yankees avanti. Un rally degli Indians nell’ottavo inning, tascina i padroni di casa nuovamente in vantaggio. Brad Hand, 16 salvezze su 16 tentativi in stagione, sale sul monte per chiudere i giochi e mandare la serie a gara 3. Non sono d’accordo i pinstripe che segnano i punti del sorpasso finale con il campione del batting title, DJ LeMahieu e Gary Sanchez (altro segnale ottimo per gli Yankees). Aroldis Chapman, vecchia conoscenza in Ohio, conclude dopo 4 ore e 50 minuti, la gara di Postseason da nove inning più lunga della storia.

In National League invece ad aprire le danze sono gli Atlanta Braves e i Cincinnati Reds. Se la rotazione di Cincinnati è una delle migliori della Lega, l’attacco di Atlanta ha concluso la stagione con 348 punti segnati, uno in meno dei primi Los Angeles Dodgers. In gara uno è Trevor Bauer a prendere la palla in mano per Cincinnati e le aspettative non vengono deluse: 7.2 IP 2 H 0 ER 0 BB 12 K. Una prestazione stupenda che meriterebbe una vittoria (tra l’altro, con 12 strikeout Bauer pareggia il record di K per un lanciatore in maglia Reds ai Playoff). Eppure l’attacco dei Reds spreca parecchie occasioni (la più lampante nel primo inning, con due corridori in posizione punto e zero out). Vero, Max Fried -partente per Atlanta- ha fatto da parte sua una bellissima partita, però battere 1-12 con i RISP è un errore imperdonabile dell’attacco (che concluderà la serie 2-28). Una maratona da 13 inning quella tra le due compagini, 5 ore di baseball old school, terminata con un walk-off single di Freddie Freeman.

Questo video di Trevor Bauer non c’entra assolutamente nulla ma è bellissimo ed andava messo.

Gara due inizia sulla stessa linea della precedente. Ian Anderson e Luis Castillo battagliano nelle prime fasi della sfida a suon di strikeout, là dove il primo (22 anni, alla prima presenza in Postseason) conclude con 9 ed il secondo con 7. Nel quinto inning è Ronald Acuna Jr. che sblocca il punteggio e, mentre Cincinnati riesce nell’impresa di non segnare nemmeno un punto in 24 inning, Atlanta dilaga assicurandosi la vittoria per 5-0.

L’upset più grande, fin’ora, di questa Postseason è sicuramente il passaggio del turno dei Miami Marlins ai danni dei Chicago Cubs. Avete capito bene, quei Miami Marlins che ad inizio stagione avevano meno dell’ 1% di probabilità di fare i Playoff. Alla formazione di Don Mattingly nessuno dava un centesimo ad inizio stagione; “si ma crolleranno vedrete” si diceva quando a metà stagione il record li vedeva sopra al .500. “Non faranno mai i Playoff” si ripeteva durante la corsa alla Wild Card. “Ok, i Playoff a sedici squadre gli hanno aiutati, ma i Cubs sono troppo più forti” ed eccoci qua, con i Marlins (i quali, non hanno mai perso una serie di Playoff nella loro, se pur breve, storia) che fanno le valige per andare a Houston a giocarsi la NLDS contro i rivali divisionali di Atlanta.

Miami arriva in questa Wild Card Series con una consapevolezza: la forza della sua rotazione. Tanto giovani quanto solidi, i partenti di Mattingly sono stati fondamentali in questa serie dove sono riusciti a tenere a bada il lineup di Chicago concedendo un solo punto in 11.2 inning e permettendo ai propri compagni di lavorare la partita e colpire al momento giusto. Colpiscono nel settimo inning, i Marlins, prima con Corey Dickerson con un home run in campo opposto da tre punti sul professore, Kyle Hendricks. Successivamente Jesus Aguilar, sempre con un home run in campo opposto, mette a segno altri due punti per Miami che conquista gara uno per 5-1.

In Gara due, rimandata di un giorno per maltempo, Miami si gioca la qualificazione con Sixto Sanchez, mentre David Ross decide di andare con l’asso Yu Darvish. Quest’ultimo fa un’ottima prestazione nei primi sei inning (degna di una stagione regolare da CY Young contender), ma alle sue spalle l’attacco dei cubbies non riesce ad essere incisivo. Effettivamente Rizzo, Baez, Bryant, Schwarber tutti e quattro hanno battuto .000 nella serie, e quando le tue star fanno così male offensivamente è impossibile anche pensare di vincere. Garret Cooper e Magneuris Sierra (giocatore che ha un centinaio di presenze in quattro anni di MLB, per spiegare la stagione dei Marlins) firmano le RBI che lanciano Miami alle Division Series. Per i Cubs inizierà un’offseason buia dalle mille domande, in primis sul futuro delle loro star.

Nella parte alta del tabellone, i Los Angeles Dodgers hanno vita facile contro dei Milwaukee Brewers finiti ai Playoff all’ultima giornata, senza davvero avere le armi necessarie per pareggiare la compagine di Dave Roberts. Le ultime due perdite, Corbin Burnes e Devin Williams, hanno dato la mazzata definitiva a Milwaukee che si vede costretta di andare di bullpen game. Per i Dodgers il rientro di Walker Buehler è oro colato. Il partente subisce qualcosina (3 H 2 ER e 2 BB) però riesce ad eliminare per strikeout 8 Brewers in 4 inning lanciati. L’attacco di Los Angeles non si discute. Corey Seager continua la sua stagione da primo della classe, scacciando i brutti ricordi delle ultime stagioni passate avanti e indietro dalla IL. Lui e Mookie Betts, assieme ad AJ Pollock e Will Smith sono gli autori dei quattro punti che consegnano ai Dodgers gara uno con il risultato di 4-2.

La vera buona notizia per tutta la Dodgers nation arriva da gara due. Questa notizia ha un nome ed un cognome: Clayton Kershaw. “Mr. (maybe no more) Till October” ha una performance da primo nella classe in una sfida contro Woodruff, nella quale domina dall’inizio alla fine. 8 IP 3 H 0 ER 1 BB 13 K sono la risposta del nativo di Dallas, Texas a tutte le critiche ricevute nelle ultime Postseason. La fastball sembra tornata alle velocità di un paio di stagioni fa e quando essa funziona, la slider e la curva aumentano automaticamente la loro efficicacia. Siamo solo all’inizio, è vero, ma se il buongiorno si vede dal mattino..

Arriviamo infine all’ultima serie in National League. Quella tra San Diego Padres e St. Louis Cardinals è tutt’altro che una sfida scontata. Eppure se si fosse giocata qualche settimana fa tutti avremmo optato per una vittoria facile da parte dei Padres, nettamente favoriti. Le cose sono cambiate, però, in questo lasso di tempo. i californiani hanno perso due dei loro partenti migliori: Clevinger (infortunio al braccio) acquistato alla trade deadline per lanciare nei Playoff, e Dinelson Lamet (infortunio al bicipite), definito da molti il lanciatore con la slider più letale tra i partenti quest’anno, sono stati lasciati fuori dal roster delle Wild Card Series. Se ci aggiungiamo le prestazioni in calo a settembre di giocatori come Fernando Tatis Jr., Manny Machado e company, insomma la serie sembra più aperta che mai.

Di fronte i Padres si trovano dei Cardinals che non spiccano per grandi nomi ma hanno una tradizione ed un’esperienza ai Playoff impareggiabile. Pensate solo a questa statistica: Yadier Molina ha giocato in carriera 99 gare di Postseason (prima di gara 1), la franchigia dei Padres, in più di cinquant’anni di storia, solo 74. Così per dire quanto i ragazzi di Mike Schildt siano abituati a certi palcoscenici.

Si vede subito in gara uno, dove i Cardinals prendono subito le misure di Chris Paddack, al suo esordio in Postseason, costringendolo ad uscire al terzo inning con sei punti subiti. Kwang Hyun Kim, coreano rivelazione della stagione di St. Louis, subisce qualcosa ma riesce comunque a tenere a galla i suoi, nonostante esca anche lui abbastanza presto dalla partita. Il distacco è troppo alto per i Padres che non sembrano riuscire a colpire i rilievi di St. Louis, i quali la chiudono 7-4 e si aggiudicano gara uno.

Gara due parte con lo stesso copione della prima, con i Cardinals che macinano punti sul partente (in questo caso Zach Davies), costretto anch’esso ad uscire dopo due riprese. Questa volta però le mazze dei Padres non sono venute a fare le spettatrici e salgono in cattedra. Nel sesto inning Tatis e Machado segnano due fuori campo uno dietro l’altro sul rilievo Gallegos e riportano il risultato sul risultato di 6-6.

Nel settimo inning, poi, con due eliminati ed un corridore in prima, Fernando Tatis Jr. si presenta al box di battuta..

“I Padres ci metteranno le palle” disse Pierluigi Mandoi nell’ultima puntata di 108. Bè direi che le predizioni sono state rispettate. Non c’è vantaggio che tenga contro questo lineup.

Si va quindi a gara tre, sfida che chiude questo primo, emozionante, turno di Playoff. Partita tesa, con i Padres che decidono di andare con il proprio bullpen, mentre Mike Schildt affida la pallina al suo asso, Jack Flaherty, precauzionalmente a riposo dopo un acciacco alla caviglia verso la fine della stagione regolare. Jayce Tingler ed il suo staff, valutano perfettamente i rilievi da inserire, tenendo molto conto del pitch count e del battitore nel box. D’altronde i Padres hanno un bullpen molto profondo e lo si dice da inizio stagione che avrebbe giocato un ruolo importantissimo. Tanto importante che riesce a non fare segnare nemmeno un punto ai Cardinals in gara tre scrivendo la storia. Già, nessuno prima dei Padres del 2020 era riuscito a lanciare uno shutout game con nove lanciatori diversi. Nonostante gli otto strikeout di Jack Flaherty (uno scivolando, spettacolare) i Padres riescono a colpire, anche grazie ad un paio di errori della difesa, tanto lodata e punto di forza dei Cardinals ai Playoff. Finisce 4-0 per San Diego quindi gara tre, lanciando i Padres ad Arlington a sfidare i rivali divisionali dei Dodgers. Saranno quindi tutte sfide divisionali le quattro (non a caso, mi verrebbe da dire) Division Series.

Un’ultima considerazione va alla Central Region che tra American League e National League manda sette squadre alle Wild Card Series ma nessuna si qualifica per il turno successivo. La Regular Season di 60 partite, disputate solo contro un terzo della lega, ha falsato un po’ i risultati dei team che sono approdati ai Playoff (qui le sedici squadre sono servite per mostrare i veri valori in campo), ma ci sarà qualcuno che rimpiangerà più di tutti questa cosa? Magari a Philadelphia? Chissà se i Phillies con un calendario normale sarebbero riusciti ad entrare ai Playoff. C’è da dire però che sarà un inverno di lavoro per tutti i team di NL e AL Central.

Lo spettacolo dei Playoff è solamente iniziato e la marcia alle World Series si fa sempre più serrata.

Twitter: @bappeo
Nato e cresciuto nella provincia di Milano, attualmente vive a Berlino in Germania. Appassionato fin da piccolo di sport di ogni genere.
Nella stagione 2004 inizia a seguire attivamente le Major League di Baseball. Coincidenza vuole che quell' anno i Boston Red Sox spezzarono un digiuno dalla vittoria durato 86 anni, diventando così la sua squadra del cuore.

Autore della parte sui "miracle Mets" del 1969 nel progetto editoriale "Winners Out - Sport e gloria della New York anni 70" a cura di Alex Cavatton.