1° base con Alex: Yadi Molina, la tradizione del baseball

Bayamón, “La Ciudad del Chicharrón”, The Pork rind City, o come lo diremmo noi la città della cotenna arrosto. Bella croccante.

Siamo a Puerto Rico, a nord della costal valley, terra di agricoltura dove si producono caffè, tabacco, agrumi e canna da zucchero. Una bandiera con sfondo bianco e croce scandinava azzurra che rimanda alla Finlandia, ricamata dalla Signora Gloria Léon in onore dello stemma cittadino; uno scudo, un simbolo e una sintesi della storia e dei valori che contraddistinguono la città di Bayamón. I colori principali dello scudo sono il blu e l’argento, che rappresentano le acque del fiume Bayamón e ricordano che fu su queste sponde che nel 1549 fu fondata la prima raffineria di canna da zucchero idraulica di Porto Rico.

Mezza giornata di lavoro, intesa come 10 o 12 ore di fatiche, altrochè part-time, poi subito a casa per il rito sacro del cenare con la famiglia, e via di corsa attraversando la strada con mazza e guantoni in direzione del campo. Benjamín Molina insegna i fondamentali del baseball al figlio Yadier, o Yadi, e al suo compagno di scuola Carlos Diaz. Ore e ore di allenamento al Jesús Mambe Kuilan Park a fine giornata, con la stanchezza che preme sulle spalle, ecco il segreto di 9 selezioni All Star, di 9 Golden Glove Award, di 2 World Series e 1 Silver Slugger. Il Roberto Clemente è mancia.

Edwin Rodríguez, ex-Yankees e Padres di breve durata, ed ex manager dei Florida Marlins e della nazionale puertoricana, al tempo lavora come scouter dei Minnesota Twins: le sue ricerche conducono ad Hatillo, dove Yadi Molina gioca per i Tigers nella lega degli amatori. Ha 15 anni e gioca contro avversari che sulla carta d’identità hanno una decina di anni in più di lui.

Il talento è simile a quello dei due fratelli maggiori, entrambi passati dalla Major League con successo, Molina è una promessa. Fin qui tutti d’accordo. Solo che i report dicono forte nelle braccia, abile in difesa, ma debole alla battuta. Il prospetto viene seguito intensamente dai Cincinnati Reds, vicini a spendere la scelta del draft per lui, ma alla fine l’esitazione giunge in Ohio e i dubbi sui limiti offensivi del giovane Molina vincono sul desiderio di scommettere. Della serie “in famiglia non possono essere tutti dei fenomeni…”

Ci pensano i Cardinals di St. Louis a coprire la puntata, $325.000 nel quarto round del draft 2000 e sotto con lo spring training.

Dave Ricketts, che qualcosa di baseball ci capisce, osserva Yadi; è seduto sulla sua macchina da golf mentre legge il catcher come un quotidiano. Brutto da vedere, crudo nelle movenze, ma volenteroso, affamato. Vuole imparare. E imparerà!

Ricketts ha imparato prima di lui, da riserva di Tim McCarver, catcher di St. Louis durante le cavalcate 1964 e 1967. Ha imparato ad osservare, ad ascoltare, anche i consigli di un certo Stan che di cognome faceva Musial. Ha imparato che il Busch Stadium può essere un campo da baseball, o un teatro dei sogni a seconda di come ci entri, ed infine ha imparato ad insegnare.

Yadier Molina, quando l’allievo supera il maestro. I maestri, genitori, fratelli, compagni, allenatori. Li supera tutti, e di gran lunga. Il credo mette le basi, la cultura del gioco e la passione fanno la differenza; ad ogni pre-partita Molina studia un piano d’azione difensivo simulato sulle misure degli avversari, assimilando soluzioni con perfezionismo minuzioso accompagnato da un eccesso di scrupolo, che non manca mai. Diventa parte di ogni aspetto del gioco, partente, rilievo, attacco e difesa. In poche parole Yadi Molina è il baseball.

Se gente del calibro di Jorge Posada, V-Mart e Brian McCann dicono di te che sei il miglior difensore dietro il piatto in circolazione, beh, allora puoi crederci.

E a Yadi Molina, lo hanno detto…

@AlexCavatton sport addicted dal 1986
Amministratore di Chicago Bears Italia
Penna di Huddle Magazine dal 2018
Fondatore di 108 baseball su Cutting Edge Radio

Autore dei progetti editoriali:
"Chicago Sunday - 100 anni di Bears"
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