Paisà: Gary Gaetti, il ratto

In attesa che Giancarlo Stanton smuova la lista con una dozzina di fuoricampo, 360 home run battuti valgono attualmente l’ottantacinquesimo posto nella classifica di tutti i tempi della Major League. Joe DiMaggio ne ha registrati 361, Johnny Mize 359, Yogi Berra 358. In mezzo a queste tre leggende della Hall of Fame compare un certo Gary Joseph Gaetti (per gli americani Gaiedi).

La Illinois Central Railroad è stata costruita nel 1853 e nel luogo in cui convergono i due rami originali della ferrovia è stata fondata la città di Centralia; questa prende il nome proprio dalla linea ferroviaria che oggi è di proprietà della Canadian National. La cittadina è situata circa 90 km a est di St. Louis, mentre rispetto a Chicago siamo decisamente a sud con oltre 430 km di distanza. A Centralia, nell’agosto del ’58, nasce Gary Gaetti.

Venti stagioni nella lega maggiore a difesa delle terze basi di Minnesota Twins, California Angels, Kansas City Royals, Chicago Cubs e Boston Red Sox, con i quali ha chiuso la sua carriera di giocatore nel 2000. Gary ha colpito 360 fuoricampo con 2280 valide e 1341 RBI segnati. Dal 2006 Gaetti possiede i requisiti per entrare nella Hall of Fame del Baseball, ma per qualche strana ragione il suo nome non è ancora stato inserito tra i grandi del batti e corri.

Strana, un pò come la sua carriera fatta di alti e bassi. Gaetti è noto soprattutto per i suoi giorni da Twin (1981-90) e per aver giocato con la squadra campione del mondo nel 1987. I Twins del ’87 vinsero le World Series per la prima volta dal titolo nazionale del 1924 quando ancora si chiamavano Washington Senators. Sempre in quel glorioso 1987, durante l’ALCS contro i Detroit Tigers, Gaetti è stato nominato MVP della serie grazie ad una prestazione brillante nelle cinque gare: un paio di fuoricampo, 6 valide, 5 run e 5 RBI, ma sporattutto una difesa degna di lode valevole poi per mettere il sigillo alla nomina di miglior giocatore nella serie.

I Twins di quella stagione regolarono i conti coi Tigers senza troppi intoppi in cinque partite mantenendo sempre il controllo, ma all’ultimo atto contro i Cardinals servirono sette sfide prima di proclamarsi campioni con Minnesota che dovette forzare gara 6 per poi chiudere in bellezza con la vittoria di Frank Viola (8 inning e 7 K), infine nominato MVP delle World Series. La sette partite della serie vennero altamente influenzate dal fattore campo, poichè i Twins vinsero le prime due e le ultime due al Hubert H. Humphrey Metrodome, mentre le tre gare di mezzo vennero vinte dai Cards al Busch Stadium II. Cards che sulla carta apparivano più forti rispetto ai Twins e lo erano anche in termini di record stagionale, ma il blackout di gara 7 sotto i colpi di Viola ha dato ragione agli avversari.

In tutto questo, il nostro paesano Gary Gaetti si guadagnò il suo primo ed unico anello.

Il risultato personale più importante nella sua avventura tra i professionisti del diamante, arrivato con 4 Golde Glove Award consecutivi dal 1986 al 1989, 2 chiamate per l’All-Star Game (1988 e 1989) e un Sliver Slagger datato 1995.

L’assenza del nome di Gary Gaetti nella HoF è da ricondurre al quasi tracollo che il battitore ha attraversato in California e al semi-collasso dell’utlimo periodo a St. Louis, due momenti che hanno messo a tacere ogni seria considerazione per le sue chance. La rincorsa verso la gloria nel 1998 con i Cubs di Ed Lynch (probabilmente la squadra migliore per farlo in quei giorni al netto di New York o Boston) ha effettivamente coronato una carriera e ha suggellato la sua venerazione nella mente di molti appassionati. L’arrivo a Chicago nel ’98 lo aveva rivitalizzato.

Gaetti dopo una prima fase di stagione a St. Louis, dove aveva un tutto sommato rispettabile .265 in media battuta, venne rilasciato nel mese di agosto per far spazio ad una più promettente terza base che proveniva da San Pedro de Macorìs, Repubblica Dominicana, e che aveva fatto la sua comparsa in MLB l’anno prima con i Texas Rangers: parliamo di Fernando Gabriel Tatìs Medina Sr., insomma il padre del Fernando Tatis Jr. più noto a noi. I Cubs non esitarono nell’accaparrarsi i servizi di Gaetti, perchè in fin dei conti un veterano del suo calibro può sempre garantire contributi interessanti. E difatti nella quarantina di partite che restavano da disputarsi in regular season Gary Gaetti ottenne una media al piatto di .320, segnando 8 HR e 27 RBI.

Sarà stato il cambio di ambiente, sarà stata l’aria del successo della Windy City che volava sulle spalle degli invincibili Bulls, ma Gaetti esplose con una linea stabile in aiuto dei Cubbies con potenti prestazioni difensive e garantendo stabilità in attacco a supporto della sensazionale mazza di Sammy Sosa e dei suoi 66 home run. I Cubs di quell’anno uscirono però al divisional subendo un secco 3-0 dagli Atlanta Braves.

Tra i peggiori soprannomi mai appioppati a qualcuno nel mondo del baseball, c’è proprio quello di Gaetti, ossia “The Rat”. Il ratto.

Questo dettaglio non era propriamente apprezzato da Gary, ma basta dare un’occhiata ad una sua fotografia e improvvisamente diventa chiaro perché a Gaetti è stato dato questo soprannome. I suoi baffi sembrano delle folte e concentrate vibrisse mentre i suoi denti assomigliano inequivocabilmente a quelli di un topo.

Poco male però, anche perchè in giro c’è chi si è beccato nomignoli peggiori del suo: ad esempio c’è quello dato a Johnny Dickshot in modo puro e crudo: “Ugly”. E Dickshot, a differenza del buon Gaetti, non ha nemmeno avuto la soddisfazione di ricevere alcun premio in MLB. Insomma, Gaetti non era esattamente l’Alain Delon del baseball, ma la sua avventura ventennale ha lasciato un segno importante e, forse un giorno, anche la lega gli offrirà il suo omaggio.

@AlexCavatton sport addicted dal 1986
Amministratore di Chicago Bears Italia
Penna di Huddle Magazine dal 2018
Fondatore di 108 baseball su Cutting Edge Radio

Autore dei progetti editoriali:
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