Il riscatto di Yu Darvish

1 novembre 2017, Los Angeles, California.

Yu Darvish sale sul monte di lancio per quella che sarà la partenza più importante della sua carriera fino a quel momento. Siamo a gara 7 della World Series ed al Dodgers Stadium arrivarono gli Houston Astros, reduci da una sconfitta il giorno prima. Alle 17:21 locali è in programma il primo lancio. Dieci battitori e cinque punti subiti più tardi, il suo skipper, Dave Roberts, cammina verso la pedana di lancio per farsi consegnare la pallina. Fine dei giochi.

Yu Darvish, in quella World Series, fu il partente in gara 3 e gara 7: in 3 1/3 inning lanciati chiuse con una ERA di 21.60 ed un totale di otto punti subiti, oltre ad ottenere due sconfitte. Doveva essere la stagione del riscatto con quei Dodgers che avevano creduto in lui. Invece nulla, una sconfitta e tanti, tanti dubbi sul nativo di Habikino e su chi potesse puntare lui durante l’incombente Free Agency.

Darvish approda in MLB nel 2012, ai Texas Ranger. Ci arriva come uno dei lanciatori nipponici con più hype dell’ultimo ventennio, forse non solo. In patria Yu, fece benissimo con gli Hokkaido Nippon-Ham Fighters dove rimase per sei anni, dal 2005 al 2011. In questo lasso di tempo vinse una Japan Series (2006), un Eiji Sawamura Award (l’equivalente del Cy Young Award per la NPB, nel 2007) e venne eletto due volte MVP della Pacific League. Insomma il biglietto da visita è di quelli ben promettenti.

Darvish con la maglia dei Nippon-Ham Fighters

Nella sua prima stagione in Major League Baseball, Darvish dimostra di avere la stoffa del campione. Nel suo primo anno con i Rangers, va molto vicino a diventare il secondo lanciatore nella storia della MLB a vincere sia il premio di Rookie dell’anno sia il Cy Young Award (l’unico a riuscire nell’impresa fu Fernando Valenzuela nel 1981). Purtroppo per Yu, non vinse ne l’uno nell’altro, finendo terzo nelle votazioni per il Rookie Of The Year e nono per il Cy Young. Poco male, ad Arlington le sue prestazioni diedero speranza a dei Rangers che più volte andarono vicini al titolo in quegli anni.

L’annatta successiva riprese da dov’era rimasta, e Yu aumentò la sua produzione sul monte di lancio. Nel 2013 la sua ERA scende sotto il tre (2.80) mentre il numero di strikeout (277) e K/9 (11.9) si alzano a dismisura. Nonostante fu il lanciatore con il maggior numero di strikeout a referto, quell’anno, a competere con lui in American League, fu un certo Max Scherzer, che vinse il titolo di Cy Young.

Il 2014 inizia anch’esso in maniera promettente e Darvish mantiene le sue medie spaventose che gli permisero di partecipare al suo terzo All-Star Game consecutivo. Verso la fine di quell’anno, però, iniziarono i problemi di salute che lo portarono ad una rovinosa discesa. Mentre la stagione si avviava verso la conclusione, finì nella Injury List con un’infiammazione al legamento collaterale del braccio destro. Quando si tratta di collaterale e sei un lanciatore, bè la tua mente inizia ad offuscarsi. Una successiva risonanza magnetica rivelò il peggio: Yu Darvish sarebbe dovuto sottoporsi alla Tommy John Surgery.

Improvvisamente tutto cambiò. Yu non riuscì a tornare alla forma precedente all’infortunio e i Rangers stavano iniziando il loro lento processo verso i bassi fondi della AL West. Così, il 31 luglio del 2017, il partente venne scambiato ai Los Angeles Dodgers in cambio di tre prospetti.

In California non si vide il miglior Yu Darvish, almeno all’inizio, però pian piano, giocare in una società vincente, aiutò il nipponico a tornare in forma con il passare del tempo, tant’è che nelle sue ultime tre partenze mantenne una ERA di 0.47 in 19 1/3 inning lanciati, tenendo la media battuta degli avversari ad un poverissimo .136. La Regular Season si concluse ed arrivarono i Playoff, del cui culmine abbiamo già parlato qualche riga fa. I tifosi Losangelini non presero bene le prestazioni di Darvish, il quale venne accusato di mostrare i suoi lanci ai battitori di Houston (ora, nel 2020, sappiamo come sono andate veramente quelle vicende e qualche scusa nei suoi confronti dovrebbe arrivare..).

Al termine di quella Postseason Darvish, ormai entrato nei suoi trenta, ha confessato di aver più volte pensato di smettere. Perchè quel gioco che sempre lo ha stimolato, ora non era più così divertente.

Arriva la Off-Season e con essa si presenta un’occasione: giocare per i Chicago Cubs. I Cubbies gli offrono un contratto di sei anni dalla valenza di 126M di dollari. Impossibile non accettare. Darvish entra nella rotazione dell’allora manager Joe Maddon, con il compito di sostiure Jake Arrieta, il quale passò ai Phillies quell’inverno.

I primi dubbi iniziano a sorgere con l’inizio della stagione, quando Darvish, un po’ per piccoli infortuni, un po’ per problemi di comando nei suoi lanci, non riesce ad incidere con la squadra di Chicago. Tra i suoi avanti e indietro nella IL, la sua media ERA è di 4.95 e la sua FIP (statistica che non tiene conto della difesa e dei suoi errori) di 4.86.

Nella Windy City iniziarono a chiedersi se questo investimento non fosse un altro errore della società, ed in questa nube di insicurezze iniziò la stagione 2019. La prima parte di essa prosegue sul copione della precedente: acciacchi fisici, problemi di comando e troppi punti subiti.

Improvvisamente, però, le cose cambiano per Darvish. Dopo la pausa dell’All-Star Game nel 2019, Yu si trasforma completamente. Riesce a riprendere la confidenza nei suoi lanci, concede meno basi su ball e di conseguenza alza il numero degli eliminati per strikeout. Nella prima parte del 2019 il partente ebbe una statline terribile di 5.01 ERA, una WHIP di 1.34 e 49 basi su ball concesse in 97 inning totali.

Post All-Star Game invece i suoi numeri si trasformano assieme a lui: 2.76 ERA, 0.80 WHIP e solamente sette basi su ball concesse in 81.2 inning.

Sarà la confidenza nei suoi lanci, sarà che finalmente si sentì in salute, fatto sta che Yu Darvish divenne un giocatore diverso. Lo stesso che sette anni prima stupì tutti alla sua prima stagione in MLB.

Questo ci porta al 2020. Entrato ormai nel suo terzo anno di contratto, Yu Darvish inizia la stagione con la consapevolezza di essere il lanciatore della seconda parte del 2019 e non quello che si è sciolto in un “win or go home game” tre anni prima. Oltre a questo, può contare sulla bellezza di SEI lanci. Cutter, slider, 4-seam fastball, splitter, sinker e curva sono le armi preferite di Darvish. Se contiamo il fatto che almeno tre di questi lanci li riesca ad eseguire in maniera diversa in base a chi si trova di fronte, il conto del suo arsenale sale a quota dieci (undici in realtà, se contiamo lo 0.1% di utilizzo della slow curveball).

schema di baseballsavant.mlb.com

Immaginatevi di essere un battitore e trovarvi di fronte a Yu Darvish; dover affrontare un lanciatore che possiede dieci tipi di lanci diversi, a cui bastano solo tre strike per mandarti di nuovo in panchina deve essere davvero frustrante.

Un altro fattore che ha cambiato le prestazioni di Darvish è l’approccio aggressivo alla gara. Nel 2020 ha lanciato il 63% dei suoi primi lanci per strike, andando quasi sempre in vantaggio sul conto e trovandosi spesso in situazioni di 0-2. Raramente un battitore è riuscito a portarsi sul conto di 2-0 contro di lui. Questo è un aspetto importantissimo del gioco, in quanto un vantaggio nel conto per il lanciatore significa avere tre possibilità per mandare il battitore avversario a prendere le mosche con la mazza.

L’infinito arsenale di lanci e i diversi movimenti di essi, gli hanno permesso di produrre parecchi “swing and miss” portando la percentuale di “whiff” per la 4-seam ad un altissimo 42.3 (Jacob DeGrom, re di questa speciale categoria, ha una percentuale massima di 44.2% con la sua slider).

Lo spirito da lavoratore, tipico di chi viene dalla terra del Sol-levante, è probabilmente ciò che ha spinto Yu a passare dall’essere un lanciatore finito ad un candidato per il Cy Young Award della National League nel 2020. Infatti, nonostante più volte gli è stato chiesto cosa fossa cambiato in questo anno e mezzo, lui ha sempre risposto con umiltà, dichiarando di non pensare ai premi ma solamente sul prossimo lancio. Questo lo si è visto anche in campo come nella vittoria per 2-1 dei suoi Cubs contro i White Sox il 23 di agosto. Concede una base su ball? Next pitch. Concede un home run a Josè Abreu? Next pitch. E così via per tutta la stagione.

Ora, questo cambio nella mentalità gli è valso la leadership tra tutti i lanciatori della National League in vittorie (8), la seconda posizione in ERA (2.01), la terza posizione per inning lanciati (76), la quarta per WHIP (0.961) e la quarta anche, a pari merito con Lamet, per strikeout (93). Inoltre, la sua pitcher WAR (Win Above Replacement) è di 2.7, al sesto posto tra i lanaciatori della National League, che proiettata in una stagione da 162 partite si alzerebbe a 8+ (il suo massimo in carriera è di 4.7 secondo FanGraphs).

Insomma, il 2020 di Yu Darvish è stato definitivamente l’anno della sua rinascita. Potrebbe portarlo a vincere per la prima volta il Cy Young Award, nonostante la concorrenza sia assai agguerrita (DeGrom e Trevor Bauer su tutti, ma anche Max Fried). L’11 di novembre scopriremo dove sarà arrivato Darvish in classifica. Dovesse vincere, il suo ingaggio base si alzerebbe di 2M$ a stagione. Dovesse arrivare tra il secondo e il quinto posto, incrementerebbe di 1M.

Eppure tutto questo non importa a Yu Darvish. L’unica cosa che conta è solamente il prossimo lancio.

Twitter: @bappeo
Nato e cresciuto nella provincia di Milano, attualmente vive a Berlino in Germania. Appassionato fin da piccolo di sport di ogni genere.
Nella stagione 2004 inizia a seguire attivamente le Major League di Baseball. Coincidenza vuole che quell' anno i Boston Red Sox spezzarono un digiuno dalla vittoria durato 86 anni, diventando così la sua squadra del cuore.

Autore della parte sui "miracle Mets" del 1969 nel progetto editoriale "Winners Out - Sport e gloria della New York anni 70" a cura di Alex Cavatton.