Oggi il bus di Prima Base con Alex ferma a 3537 Farmdale Avenue. Qui, dal 1937, scendono centinaia di studenti che frequentano la Susan Miller Dorsey High School. Tra questi c’è Charles Theodore.
Siamo a Los Angeles in California. L’istituto pubblico che oggi serve i quartieri di Baldwin Hills, Baldwin Village, Leiert Park, Jefferson Park e parzialmente le zone di West Adams e Crenshaw, prende nome da Susan Miller Dorsey, prima sovrintendente donna nella storia delle scuole pubbliche di Los Angeles. La scuola è una delle realtà più frequentate dalla popolazione afro-americana che, conti alla mano, tocca mediamente il 55% delle iscrizioni, mentre il restante 45% è di matrice latina.
Il punto d’incontro nelle Americhe degli idiomi africani e caraibici, è la Jamaica, e credo che non sia una casualità che Charles Davis detto “Chili”, una volta trasferitosi all’età di 10 anni da Kingston a Los Angeles, sia passato proprio da quella scuola. Che dire, probabilmente forze che si attraggono e che in qualche maniera sono predestinate ad incontrarsi.
Gli uffici di San Francinsco dove operano i Giants vengono informati dagli scouter della Baia che un giovane talento jamaicano che gioca nell’outfield è arrivato sulla piazza, così nel 1977 MLB June Amateur Draft, al round numero 11, i Giants pescano dal mazzo e si trovano in mano un jolly. Il valore della pesca resta ignoto per qualche tempo perchè nessuno, nemmeno Chili stesso, sapeva che il battitore poteva colpire da switch hitter: infatti fino all’arrivo nelle Minors, Chili batteva e lanciava solo col braccio destro, ma in delle pratiche di allenamento provò a cambiare il lato del piatto scoprendo che il controllo in battuta era presente anche sul sinistro. Una delle caratteristiche che prediligo nel gioco del baseball e che certamente rende più alto il valore di chi la possiede. Molto più alto.
Il debutto di Chili avviene il 10 aprile 1981 quando il manager Frank Robinson decide di dare una chance al ventunenne jamaicano: è la seconda gara di campionato al Candlestick Park, i Giants avanti 2-0 si fanno rimontare e scavalcare nel punteggio dai San Diego Padres che negli ultimi inning segnano un punto a parziale passando avanti 4-2. Chili subentra al prima base Enos Cabell come pinch hitter e si becca uno strike indesiderato. I Giants perdono quella sfida ed il primo anno di Davis finisce con la mediocrità di un rookie da 11° round che fa pari col record del team californiano.
Il secondo anno però, la presa di coscienza è cresciuta in modo esponenziale, ed il modo in cui Chili gioca diventa determinante al punto che il battitore arriva 4° nella corsa al riconoscimento di MLB Rookie of the Year 1982: 19 HR, 76 RBI e 24 SB con una media battuta di .261 che nel giro di un paio d’anni volerà a .315!
Merce rara non solo per il dono divino di essere uno switch hitter, ma anche perchè a distanza di 40 anni, Chili sarà il giocatore più rappresentativo proveniente dall’isola di Out of many, One people. Sono infatti solo quattro gli atleti jamaicani di baseball professionistici che hanno solcato i diamanti della MLB: Chili fu il primo ad entrarci, seguirono le sue orme Devon White, Rolando Roomes e Justin Masterson, il quale di jamaicano ha poco nulla se non il fatto di essere nato anch’esso a Kingston mentre il padre lavorava come preside della Jamaica Theological Seminary prima di trasferirsi a Fort Wayne in Indiana.
Alla battuta pulito, disciplinato e potente quanto basta, veloce nel rubare le basi, ed insieme a questo Chili registrò persino un rilievo sul monte di lancio nel 1993 affrontando sette battitori dei Texas Rangers, tutti eliminati senza concedere hit, walk e punti; unica sbavatura se così si può dire, è la palla lanciata addosso a Jose Canseco durante gli ultimi due inning di quella sfida.
E poi c’è quella breakout performance del 1984 al Rivenfort Stadium di Cincinnati col 4 su 4 personale mentre i suoi compagni di squadra totalizzarono 3 valide complessivamente nel 5-2 contro i Reds. Perfezione replicata nel 4 su 4 (questa volta con 2 botte fuori campo) nel 1987 contro i Padres, vendicando quello strike dell’esordio rimasto sul groppone per anni.
L’avventura di Chili si trascina dietro una carriera da 350 home run, 1372 RBI, .274 di media in 19 anni di swing, 3 anelli dei quali due con gli Yankees e uno coi Minnesota Twins in cui battè 2 HR nelle World Series ’91 contro i Braves di Altanta poi strappate con l’uno a zero nel decimo inning della combattutissima gara 7.
Se esiste una ragione per la quale Chili non sia ancora stato inserito nella Hall of Fame del Baseball, personalmente non la conosco, ma non importa perchè We’re Jammin’, Jammin’ ‘til the jam is through.
*Questa Prima Base è dedicata alle minoranze, alla parità dei diritti, alla lotta contro il razzismo e alla memoria di George Floyd.
#BLM
@AlexCavatton sport addicted dal 1986
Amministratore di Chicago Bears Italia
Penna di Huddle Magazine dal 2018
Fondatore di 108 baseball su Cutting Edge Radio
Autore dei progetti editoriali:
"Chicago Sunday - 100 anni di Bears"
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