1977, la Major League Baseball entra nei giorni dell’espansione. Nel nord-ovest del Paese si sente la necessità di aggiungere materiale per l’intrattenimento del pubblico perchè l’esperimento del diamante non aveva avuto modo e tempo per svilupparsi a dovere. Sette anni prima infatti, dopo una sola stagione dalla loro fondazione, i Seattle Pilots si trasferirono dallo Stato di Washington al Wisconsin cambiando il nome in Milwaukee Brewers. Seguì una lunga causa legale tra la città di Seattle, Bud Selig (futuro Commissioner), la Contea e lo Stato di Washington rappresentate da Slade Gorton (al tempo procuratore generale e in seguito Senatore) contro l’American League, rea di aver violato le normative contrattuali.
La stretta sull’accordo necessitò di anni, ma alla fine la città di Seattle ebbe il suo nuovo team, figlio del mare, dei venti, e… degli avvocati.
Mercoledì 6 aprile 1977, giorno dell’esordio dei Mariners nella MLB. Il team, così battezzato per la prominente cultura marinaia della città, indosserà colori blue navy (ovviamente), northwest green, un tono del verde che comunemente viene indicato in America col nome “teal”, in ornitologia è l’alzavola, uccello simile ad una piccola anatra con delle striature verdi sulla testa, e argento. Al Kingdom, davanti a 57.762 spettatori, i California Angels demoliscono ogni più rosea aspettativa bastonando Seattle per 7-0 con marcature in tutti i primi 5 inning.
Il logo originale sembra più quello di un supermarket che non quello di un team di baseball: cerchio giallo in stile bollino della spesa con la scritta Seattle Mariners baseball club colorata di blu. La M di Mariners è probabilmente ripresa, con grande fantasia, dal tridente del mare di Poseidone. Molto meglio la S con la rosa dei venti attuale.
Per il primo viaggio dei Marinai, salgono sulla barca: Dave Collins (DH), Josè Baez (2B), Steve Braun (LF), Leroy Stanton (RF), Bill Stein (3B), Dan Meyer (1B), Ruppert Jones (CF), Bob Stinson (C), e Craig Reynolds (SS).
9 su 34 valide combinate dall’intero lineup.
Al timone dell’imbarcazione il manager Darrell Johnson, scaricato a Port Act (il porto di Boston) dai Red Sox a metà stagione ’76 dopo la partenza mediocre da 41-45. Johnson aveva militato nella lega durante gli anni ’50 come catcher nei roster di metà campionato, media battuta di .234, 351 apparizioni sul piatto, un solo home run in più di Bartolone Colon. Poi nel ’74 la prima esperienza come manager di Boston durata due stagioni e mezza, prima di approdare dall’altro lato della costa, a Seattle.
Sul ponte di vedetta Diego Segui dura 3.2 inning, registrando una ERA di 9.82, ma il sentimento di euforia per l’evento supera l’imbarazzo per i punti concessi dal lanciatore, il quale verrà sostituito da John Montague che finirà l’incontro concedendo un solo punto. Dalla sponda opposta del campo c’è invece il dominio di Frank Tanana, 9 inning, 9 valide concesse, ma zero punti per gli avversari: prima di campionato e shutout!
Per la prima vittoria nella storia della franchigia bisognerà attendere il venerdì seguente, dopo la sconfitta del giovedì nel secondo episodio della serie inaugurale. Dai quasi 60mila si passa ai poco più di 11mila spettatori sugli spalti, ma i Marinai danno vita ad una sfida memorabile, una battaglia a colpi di cannoni che vede il team di casa prima andar sotto, poi recuperare al giro di boa, nuovamente tornare in svantaggio per infine vincere la regata con due single home run, uno dei quali vale il walk-off valido per il 7-6.
Seattle chiuderà la sua prima avventura nelle acque della Major League col record di 64-98, sesto posto nell’American League West, e le economie resteranno negative fino al 1991, quando per la prima volta nella loro storia i Mariners riusciranno ad ottenere 83 vittorie.
Bisognerà navigare oltre i famigerati Sette Mari prima di trovare la terra nel favoloso momento iconico di gara 5 nella ALDS contro gli Yankees del 1995, quando Edgar Martinez con l’ultimo colpo di remi riuscì a vincere la sfida protratta ad oltranza fino all’undicesimo inning. Quella battuta epocale permise a Ken Griffey Jr. di completare la bracciata decisiva per la vittoria facendo esplodere Seattle che era partita sotto 2-0 nella serie con New York, e battere quegli Yankees significò dare un’iniezione di vita per il futuro del team e la sua permanenza nella MLB. Il timone della nave era passato ad uno dei nostri Paisà, Lou Pinella, che con la sua ciurma seppe regalare alla città di Seattle uno dei momenti più belli della storia dello sport.
@AlexCavatton sport addicted dal 1986
Amministratore di Chicago Bears Italia
Penna di Huddle Magazine dal 2018
Fondatore di 108 baseball su Cutting Edge Radio
Autore dei progetti editoriali:
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